venerdì 14 gennaio 2011

Grocery: nel mercato delle conserve rosse la competizione è accesa

Prevalgono la bassa fedeltà alla marca, l’importanza della leva prezzo e la scarsa innovazione. Il mercato orientato verso prodotti a maggior contenuto di servizio: passate e polpe hanno eroso quote a pelati e concentrati. (Da MARK UP 178)
Valeria Torazza


La trasformazione del pomodoro rappresenta un comparto di grandi volumi con a monte una produzione di pomodoro da industria stimata in 4,4 milioni di tonnellate (anno 2008). Il mercato dei derivati rossi è maturo, quello che si poteva fare in termini d’innovazione di prodotto è stato fatto da tempo e al massimo si può operare nell’area del servizio con la diversificazione di pack e formati. In più per un consumo di base, legato fortemente all’andamento della pasta, vi è la concorrenza esercitata dallo sviluppo dei piatti pronti e dei sughi pronti con un trend interessante in particolare per i sughi freschi. Il volume retail delle conserve di pomodoro ammonta a circa 520.000 tonnellate per un valore intorno a 565 milioni di euro. Sarà la crisi economica che spinge maggiormente i prodotti di base, fatto sta che l’anno scorso la situazione di mercato è migliorata, con un trend nelle superfici moderne significativo soprattutto in valore (+7%), mentre i volumi sono lievitati del 2-3%. La polpa è risultato il segmento più dinamico ma è da sottolineare l’andamento molto positivo di una nicchia a buon valore aggiunto come quella dei pomodorini. La diversificazione di prodotto ha orientato il mercato verso prodotti a maggior contenuto di servizio tant’è che negli anni passate e polpe hanno eroso quote a pelati e concentrati. La passata è in vetta alle preferenze del consumatore, con quasi metà dei volumi, ed è il segmento nel quale si concentra maggiormente la leva promozionale con una media nel trade moderno sopra il 35% ma con punte del 50% e più per alcuni attori. Il vissuto tradizionale di questo prodotto, come d’altra parte degli altri derivati, si legge nel peso predominante del pack in vetro (che vale circa il 95% dei volumi mentre il cartone con meno del 5% è in calo) e nello scarso impatto che hanno avuto le versioni più innovative come le passate arricchite e ristrette che incidono per meno del 2%. La diversificazione più significativa dalla versione classica rimane la passata rustica. Molte marche di elevata notorietà sugli scaffali: a guidare il rank a valore sono Cirio nelle varie versioni e Mutti, con a ruota Pummarò, Valfrutta e Pomodorissimo. Nel complesso Conserve Italia detiene oltre il 21% in volume (e quasi un quarto in valore) e ha spinto di recente sulla comunicazione per il rilancio del marchio Cirio; Star (Pummarò) e Mutti sono intorno al 10% o poco più, Unilever Foods (Santa Rosa, Pomodorissimo) ha circa il 9%, Divella oltre il 4%. Con quote tra l’1% e il 2% si trovano Olearia Desantis, Rodolfi Mansueto (Ortolina), Parmalat (Pomì), La Doria, De Cecco, Lodato Gennaro (Annalisa). Forte l’impatto delle marche commerciali con più del 20% in volume.

Pack e marca privata
Nel segmento polpa, per l’89% dei volumi commercializzata in lattina e per la quota restante in vetro con un ruolo trascurabile del cartone, le private label detengono il 24% in volume; brand leader è Mutti ma nel complesso il primo player è Conserve Italia (De Rica, Cirio, Valfrutta) con circa il 22%, seguita da Mutti con oltre il 17%. Aggiungendo i marchi Unilever e Star si arriva a una concentrazione del 60% in volume e del 66% a valore.
L’area più tradizionale dei pelati è stabile in volume ma è cresciuta in valore grazie anche al rilancio di varietà come il San Marzano, lo sviluppo di pomodorini e filetti (che pesano per circa il 13% sul segmento) e in generale la tendenza alla diversificazione verso le specialità. Il segmento, che si identifica con il tradizionale pack in lattina, è quello che offre la maggior presenza di produttori locali (tanto che i primi quattro player, con in testa Conserve Italia e Divella, arrivano al 30% dei volumi) e la più alta incidenza delle marche commerciali (28% in volume). Il concentrato, che raccoglie oltre il 6% in valore ma meno del 2% in volume, è caratterizzato da una maggior concentrazione dell’offerta, con il brand Mutti che guida con il 37% in volume davanti a Conserve Italia (Supercirio), Star e Ortolina.

Rischio banalizzazione
Il quadro complessivo dei derivati rossi vede da un lato l’aggressività delle private label, che continuano a crescere a due cifre e totalizzano oltre il 23% in volume, dall’altro la tenuta dei principali attori che fanno leva sulla tradizione dei marchi e sulla leva promozionale: basti pensare che i primi quattro player raccolgono più del 60% del valore in promozione. Tra le aziende leader del pomodoro trasformato quella che ha ottenuto le performance migliori nell’ultimo anno è stata Mutti, mentre diminuisce lo spazio a disposizione dei competitor minori con l’eccezione di player in crescita come Rodolfi Mansueto e De Cecco che riescono a trovare un posizionamento distintivo, in particolare il secondo sotto il profilo qualitativo.

I key factor
  • Controllo della filiera
  • Influenza della disponibilità della materia prima sull’andamento dei prezzi
  • Incremento del contenuto di servizio
  • Pressione promozionale e competitività di prezzo

Conserve Italia
Più
  • Legame con la produzione, controllo di filiera
  • Politica di marca: rilancio di Cirio e sviluppo di una “brand image” per Valfrutta
  • Diversificazione di prodotto
  • Attivazione di tutte le leve del marketing mix
Meno
  • Pericoli connessi alla maturità e alla banalizzazione del mercato.
  • Aumento della concorrenza delle private label

Cresce la marca commerciale
  • Nelle superfici moderne le private label hanno nel complesso la quota più alta in volume con circa il 23% per il totale conserve rosse
  • Conserve Italia è leader in valore con oltre il 23%. Con Mutti, Star e Unilever Foods i primi quattro player raccolgono il 52% in valore e il 44% in volume
  • Il packaging si concentra su vetro e lattina (circa il 97% in volume) con scarso spazio per contenitori alternativi come il cartone
  • Importanza dell’area primi prezzi e del discount che pesa sul mercato per circa il 16% in volume

Lo scenario
  • Maturità dei volumi. Tendenza a sviluppare nicchie di prodotto a maggior valore aggiunto (specialità, biologico)
  • La leva del prezzo continua ad avere un forte peso. Aumento della pressione delle marche commerciali
  • Mercato in gran parte banalizzato. Il problema è coniugare competitività di prezzo con un livello qualitativo soddisfacente, soprattutto considerando l’aumento della concorrenza di prodotti importati
  • Frammentazione delle marche e difficoltà a creare posizionamenti distintivi

Proiezioni per il futuro
MERCATO
Sviluppo delle specialità
OFFERTA
I marchi minori compressi tra leader e private label hanno opportunità nell’area dei primi prezzi o all’opposto dei prodotti premium
DISTRIBUZIONE
Gda, discount
MARKETING MIX
Promozioni, diversificazione di prodotto


Marche private e offerta polverizzata: i primi 4 brand totalizzano il 42,1% delle referenze totali

1. Una su quattro è una private label

La profondità media nell’iper e nei super esaminati sulla piazza di Genova è di 44,3 referenze (in media 42 nei super e 63 nell’unico iper), rispetto a un dato medio nazionale che è intorno a 58 referenze per punto di vendita. Gli assortimenti nelle diverse insegne sono completi e presentano alcune differenze nella loro composizione: nella maggior parte dei casi è la passata il segmento più profondo ma in tre punti di vendita sono polpa o pelati ad avere il maggior numero di referenze. Da evidenziare il discreto peso complessivo del concentrato: considerando il totale delle referenze rilevate, il concentrato rappresenta il 10%, rispetto al 34,8% della passata, al 31,8% della polpa e al 23,3% di pelati e pomodorini. Questa suddivisione rispecchia a grandi linee quella che si riscontra a livello nazionale: il numero medio di referenze per punto di vendita è infatti costituito per il 34,6% dalla passata, per il 28,8% dalla polpa, per il 24,5% dai pelati e per il 12,1% dal concentrato. I display delle conserve rosse dal punto di vista merceologico sono in effetti abbastanza standardizzati, anche per la difficoltà di diversificare l’offerta attraverso vere e proprie innovazioni. A livello di area si possono trovare tuttavia delle differenze legate alle abitudini di consumo: per esempio al sud pelati e pomodorini hanno un’incidenza maggiore rispetto alla media.

Affollamento di marche
Molti brand con una presenza significativa sugli scaffali: penetrazione capillare per Valfrutta, Mutti e Santarosa nella passata, dove in 8 insegne su 9 si trovano anche Pummarò e Cirio e in 5 Ortolina; nel segmento pelati/pomodorini solo Cirio è sempre sugli scaffali come nella polpa Santarosa, mentre in quest’ultimo segmento in 8 insegne sono esposte Mutti, De Rica Polpapronta e Star Polpabella e in 7 Valfrutta. A livello di marche nei diversi segmenti, in testa per profondità sono Mutti nel concentrato con il 45% delle referenze totali rilevate sulla piazza, Valfrutta e Cirio nella passata (rispettivamente con il 12,9% e il 12,2%), Cirio nei pelati con il 29% e Mutti nella polpa con l’11,8%. Le marche commerciali confermano di avere un peso rilevante: il 12,5% delle referenze totali nel concentrato, il 21,6% nella passata, il 36,6% nei pelati e il 25,9% nella polpa. Nel complesso delle conserve rosse le private label detengono il 25,6% delle referenze riscontrate in tutte le insegne. Cirio, Mutti, Valfrutta e Santarosa - presenti in tutte le insegne - totalizzano rispettivamente il 14,8%, il 12,3%, l’8,5% e il 5,8%. Star, presente in 8 insegne, ha il 6,5%, Ortolina il 4,5%. Con quote sulle referenze superiori al 2% si collocano Arrigoni, Annalisa e De Rica mentre tra l’1% e il 2% Alce Nero, Casar, De Cecco, Mara, Valgrì, La Collina del Sole e Pomì. Il numero medio di marche per punto di vendita è di 12,2.

Sviluppare le nicchie per mantenere i margini
La competizione di prezzo e l’elevato livello di promozionalità comprimono i margini. Il mark up dei distributori è inferiore al 20%. Per migliorare la redditività è necessario sviluppare nicchie a maggior valore aggiunto e razionalizzare i costi.

Nessun commento:

Posta un commento