lunedì 17 gennaio 2011

«Il prezzo del grano sale con la speculazione. Ma la grande distribuzione non deve approfittarne»

«A 14-15 euro è antieconomico coltivare sia il grano duro sia il grano tenero. Perciò se i livelli di prezzo fossero rimasti quelli precedenti all'impennata delle scorse settimane probabilmente a ottobre molti produttori avrebbero deciso di non seminare affatto. Quelli di oggi sono gli stessi prezzi che avevamo quattro o cinque anni fa: coprono appena i costi di produzione e parlare di aumenti dei prodotti finali come pane e pasta è una barzelletta, è semplicemente pazzesco». A parlare è Claudio Destro, direttore generale di Maccarese spa, la più grande azienda agricola italiana, 3.200 ettari alle porte di Roma, di cui 700 coltivati a grano duro, 100 a grano tenero e 550 a mais.
«Abbiamo forse il più grande allevamento di mucche da latte, 3.300 capi che producono il 10% del latte consumato ogni giorno dai romani - spiega Destro - perciò conosciamo il problema anche come consumatori e posso dirle che sono prezzi equi e sostenibili anche per l'allevamento». Destro parla delle quotazioni dei listini di della Borsa merci di Bologna, la principale piazza commerciale italiana per i cereali: le quotazioni settimanali pubblicate il 5 agosto danno il frumento tenero nazionale fino a 191-195 euro la tonnellata e il grano duro fino a 206-210. «Prezzi che per il tenero sono comunque inferiori del 20-30% a quelli del 2007, quando il grano duro era quotato tra i 40 e i 50 euro al quintale».
La situazione per i produttori era ancora più grave al Sud, come spiega Pietro Molinaro, consigliere nazionale di Coldiretti e presidente di Coldiretti Calabria. «Nella Valle del Crati e nel Crotonese, le aree a maggiore vocazione cerealicola della Calabria, alla mietitura i prezzi del duro erano tra i 12 e i 13,5 euro a quintale. Così i produttori, e parlo da allevatore, i produttori non possono che andare in perdita». La Calabria ha 54mila ettari destinati al grano duro con una produzione di 1,3 milioni di quintali e quasi 19mila ettari per il tenero (440mila quintali).
Un problema strutturale
Destro spiega che se per il grano duro gli aumenti si possono giustificare con i raccolti canadesi stimati inferiori alle attese, «per il frumento tenero si tratta di rincari solo speculativi legati alla decisione della Russia di bloccare l'export». Non è detto perciò che questa situazione venga confermata alla ripresa delle attività dopo la pausa di agosto. «Gli aumenti sono arrivati in un momento in cui non c'erano acquirenti sul mercato, i mulini si erano già approvvigionati, perciò le quotazioni sono molto virtuali e poco di scambio. "

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