I tempi di vita e i tempi di lavoro, specie nelle aree metropolitane del Centro-Nord, hanno finito per produrre quell’intensificazione della vita nervosa e quella spersonalizzazione già teorizzata da Simmel ai primi del ‘900. L’adesione a un Gruppo di acquisto solidale, permette agli individui di ristabilire quelle relazioni sociali che il sistema di capitale ha spezzato. Il gruppo d’acquisto, infatti, funge da luogo di socializzazione, in cui gli individui possono riprendere a esprimere la loro personalità. Così, su modello delle comunità domestiche dell’Italia settentrionale e centrale del medioevo (Weber: 1968), il GAS funge da “comunità di vicinato” entro cui poter dar corso a una sorta di nuova “responsabilità di prossimità”.
Del resto, lo stesso documento di base della rete nazionale dei GAS dedica un capitolo alla socializzazione, intesa come lo strumento attraverso cui emanciparsi dalla solitudine e dall’impotenza a cui si è costretti dalla grande distribuzione. La partecipazione alla vita del gruppo, inoltre, favorisce lo scambio di informazioni e opinioni che, come emerge da recenti ricerche, diventa il modo più immediato per accrescere il livello di consapevolezza individuale e collettiva circa la valenza politica che questa pratica di consumo assume nel corso del tempo (Mora: 2007). In fondo, come suggerisce Saroldi, i GAS come altre esperienze collettive, divengono dei cantieri entro cui costruire nuove forme di economia.
Lo scopo è quello di dar vita a una “economia di relazione”, ove lo scambio economico diviene il pretesto per promuovere e favorire un altro tipo di scambio, quello sociale (Saroldi: 2003). Il principio è quello della reciprocità tra tutti gli attori coinvolti, tanto che da una recente ricerca emerge come la rapidità con cui si sviluppano numericamente i singoli gruppi rischia di mettere in crisi l’orizzontalità partecipativa, propria di questi gruppi e, soprattutto, la trasparenza che rimane uno dei valori cardine (Rebughini: 2008b). Reciprocità e trasparenza che vengono adottati sia all’interno di ogni singolo gruppo di acquisto, sia nelle relazioni intercorrenti tra il gruppo stesso e i produttori locali. L’affidabilità è indispensabile tanto che, nel loro documento base, i “GASisti” precisano che: “il dare e ricevere fiducia diventa un’operazione fondamentale che arricchisce di contenuti la nostra relazione sociale. Dobbiamo, in parole povere, ricreare un mercato degli uomini e non un mercato degli oggetti”.
(http://www.retegas.org/)
(http://www.retegas.org/)
- La “qualità” dei prodotti
L’abbattimento dell’intermediazione commerciale fa sì che i consumatori riescano ad ottenere maggiori garanzie circa la qualità dei beni acquistati, grazie al rapporto fiduciario che si stabilisce nella relazione diretta fra gli attori. Anche laddove i prodotti si muovono spazialmente attraverso mercati nazionali ed internazionali (molti di questi gruppi dirigono una parte dei loro acquisti verso i prodotti del fair trade), la distribuzione al di fuori dei circuiti capitalistici tradizionali permette al consumatore di disporre delle informazioni necessarie affinché i beni di consumo fuoriescano dall’anonimato e dall’impersonalità che caratterizza le produzioni industriali. Attraverso i Gruppi di acquisto solidale, quindi, si assiste al superamento di quel processo di “oggettivazione” – proprio delle società basate sull’economia monetaria – che lega il rapporto tra fornitore e consumatore esclusivamente mediato dal denaro (Simmel: 1998).
La qualità dei beni è una precondizione necessaria affinché i GASisti stipulino gli accordi con i produttori locali; in questa tensione continua tra cura di sé e impegno solidale, i gruppi di acquisto (come anche i bilanci di giustizia) sembrano puntare il dito contro la società degli sprechi, contro il “consumo vistoso”, trovando in uno stile di vita sobrio la strada per una più efficace giustizia sociale (Rebughini: 2008a). La scelta di una vita semplice all’insegna degli acquisti collettivi, si traduce anche in risparmio: sotto il profilo economico è evidente (l’acquisto all’ingrosso abbatte i costi), ma altrettanto significativo è il risparmio di risorse naturali e quello che secondo i GASisti non è da sottovalutare di energie precedentemente disperse nei meandri dei centri commerciali.
Sebbene il risparmio non sia il tratto dominante delle motivazioni che guidano i consumatori inseriti nel circuito dei gruppi di acquisto solidale, è innegabile però che la possibilità di acquistare dei beni (specie alimentari) di alta qualità, spendendo meno, ha contribuito in modo determinante al successo di questo movimento.
Una recente indagine, condotta nel 2008 dal Sole 24 ore, basata sulla comparazione di un paniere di quindici prodotti dei GAS messi a confronto con altrettanti beni c.d. “primo prezzo” venduti nel circuito della grande distribuzione, evidenziava come questi ultimi costassero circa la metà di quelli venduti nell’ambito dei distretti di economia solidale. Se i prezzi degli stessi beni, però, venivano comparati con quelli dei prodotti forniti di certificazione “bio” – e, dunque, di pari qualità – venduti negli stessi supermercati, emergeva un risparmio netto pari al 20%. Complessivamente, la stessa indagine stimava per i GAS italiani un giro d’affari calcolato (per difetto, considerato l’alto numero di gruppi GAS non censiti) in circa 50 milioni di euro (Lepido: 2008).
Che questo fenomeno stia assumendo una conformazione con una sua capacità – seppure ancora embrionale – di incidenza nella struttura socioeconomica del paese appare evidente anche dal riconoscimento giuridico stessa recentemente attribuito ai GAS. La Legge n. 244/2007 (Legge Finanziaria 2008), nel definire i gruppi di acquisto solidale come «soggetti associativi senza scopo di lucro (…) con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale», riconosce gli sgravi fiscali spettanti a tutti quegli organismi di utilità sociale.
Dal 1997, anno di costituzione del primo GAS a Fidenza, i Gruppi di Acquisto Solidale sono cresciuti in modo esponenziale: secondo i dati forniti dalla Rete nazionale di collegamento dei GAS, infatti, oggi se ne contano su tutto il territorio nazionale ben 352 (ai quali vanno computati anche quei gruppi informali che non aderiscono alla Rete nazionale). Andando a verificare la distribuzione territoriale di questi gruppi di consumo alternativi, emerge che 289 sono collocati nel Centro-nord, mentre i restanti 63 sono situati nel Mezzogiorno. Questo squilibrio, che certamente affonda le sue radici anche nelle specificità culturali che caratterizzano le diverse aree del nostro paese, è riconducibile, tuttavia, alla constatazione che al Sud nonostante il “grande impatto” del capitalismo (Perna: 1994) il rapporto diretto tra produttore locale e consumatore non è mai del tutto interrotto.
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