martedì 8 febbraio 2011

La rivincita dell'agricoltura.....fai da te!

I semi via Internet, più facili da far germogliare. Ma la legge lo vieta
La marijuana cresce nelle case
Boom di piante in orti e balconi
Professionisti e studenti: in Italia aumentano i coltivatori insospettabili
L’ultima è stata scoperta dalla polizia ieri all’ora di pranzo, a Bologna. Una pianta di marijuana in mezzo ai fiori sul balcone di un’insospettabile (e inconsapevole) signora di 84 anni. L’idea era venuta alla sua badante, che è stata denunciata. Due ore prima la Guardia di finanza, sorvolando in elicottero le campagne vicino a Pordenone, ha trovato 5 piantagioni con centinaia di piante alte due metri e mezzo. La giovane «imprenditrice », scoperta anche con mezzo chilo di roba pronta da vendere, è finita in carcere. Negli anni 70 e 80 arrivava dal Nord Europa, nei 90 è diventata monopolio degli albanesi. Oggi la «gangja» è «made in Italy». Più facile da coltivare, più potente. Al Sud cresce in grandi appezzamenti nascosti tra gli aranceti, e gestiti dalla mafia. Al Nord in orti e giardini, coltivata da consumatori-piccoli spacciatori che spesso non sanno di rischiare il carcere. In tutta Italia in migliaia di cantine e ripostigli di studenti universitari, operai e professionisti che si trovano nei blog per darsi consigli. In fondo bastano 4 elementi: semi, acqua, terra e luce. Nei «grow shop», i negozi specializzati, si vendono lampade ad hoc per meno di 200 euro. Quando ci provavano i figli dei fiori, di ritorno dall’India con dei germogli «introvabili», il risultato era disastroso: troppo caldo o troppa pioggia, la canapa cresceva senza sviluppare la sostanza attiva, il Thc. Adesso i semi che si comprano via Internet e nei grow shop garantiscono sensazioni forti. «Si arriva a un tasso di Thc del 24 per cento—spiega lo psicanalista Claudio Risé, aurore di Cannabis (San Paolo), un saggio sui pericoli delle droghe «leggere» —. Quattro volte tanto la marijuana tradizionale ». Il cambiamento climatico, più umidità nell’aria e meno piogge, le nuove tecniche di coltivazione «fai-da-te» e le microserre da interno fanno il resto.
LA LEGGE E I NUMERI—La giurisprudenza italiana non è chiara sulla coltivazione «casalinga» di marijuana in modiche quantità. Secondo Paolo Iannucci, analista della Direzione antidroga della polizia, «il concetto di uso personale in questo caso non è applicabile: chi viene trovato con una pianta in casa rischia di finire in carcere». Questo in teoria. In pratica, su 1.495.830 piante sequestrate quest’anno, solo una cinquantina sono state trovate in abitazioni private. «Il problema—continua Iannucci — è che la marijuana viene coltivata dalle persone più insospettabili, in abitazioni dove le forze dell’ordine non entrano nemmeno». E poi, in fondo, «è giusto concentrare lo sforzo sui grandi produttori, sulla criminalità organizzata che in Sicilia eCalabria coltiva centinaia di ettari». Anche la Cassazione di recente ha mostrato orientamenti diversi. In una sentenza del 10 maggio, stabilisce che coltivare marijuana «in modiche quantità» sul balcone di casa è «una condotta penalmente irrilevante». Tredici giorni dopo, di fronte a un coltivatore domestico con 14 piante, dichiara invece che «la coltivazione è vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell’agente sia il consumo personale».
I «GROWERS» — Insospettabili. Lo dice la polizia, lo confermano loro, i «growers», i coltivatori di marijuana per hobby. Rigorosamente a uso personale. Il loro guru, che preferisce restare anonimo, li descrive così: «Architetti e musicisti, medici e professori di liceo. Studenti rasta e manager rampanti, anche di destra. Conosco pure uno psichiatra: la sera cura la sua piantina per rilassarsi, per staccare la spina». Ma quanti sono questi growers? «Almeno un paio di milioni». Paolo Cento, oltre alle decine di proposte di legge sulla depenalizzazione delle droghe leggere, ne ha presentata pure una «per legalizzare almeno la coltivazione ». Per due motivi: primo, «dare un colpo mortale alla criminalità organizzata»; secondo, «evitare i contatti tra i giovani e gli spacciatori, vera porta d’ingresso alle droghe pesanti». Risé non è per niente d’accordo: «La marijuana fatta in casa è più pura e quindi più pericolosa. Grazie a Internet oggi anche i ragazzini di 15 anni sono in grado di prodursi autentiche bombe, capaci nel giro di qualche anno di distruggere loro il cervello».
Paolo Beltramin

giovedì 3 febbraio 2011

La spesa? Direttamente dal contadino: 8,3 mln di italiani nei Farmers market

Nel 2010 8,3 milioni di italiani hanno acquistato i prodotti della terra direttamente dal contadino. Il dato è emerso dal primo dossier sui ‘Farmers Market in Italia’ presentato giovedì 3 febbraio a Roma durante l’assemblea nazionale degli Agrimercato di Campagna Amica di Coldiretti
(Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti).
All’incontro, durante il quale verrà presentato un
“Dossier” completo su questa realtà che verrà analizzata in tutti gli aspetti di natura economica, sociale, ambientale e culturale, partecipano, oltre agli agricoltori che operano nei mercati di tutta Italia, Roberto Weber (Presidente SWG), Giuseppe De Rita (Presidente Censis), Rosario Trefiletti (Presidente Federconsumatori), Paolo Massobrio (enogastronomo) Paolo Scarpa Bonazza (Presidente Commissione Agricoltura del Senato) e Sergio Marini (Presidente della Coldiretti).Quest’ultimo ha spiegato come “nel 2010 sono saliti a 705 i mercati degli agricoltori di Campagna Amica in tutte le regioni, per un totale di 25.115 giornate (+148%). Si tratta di un primato straordinario – ha proseguito – conquistato in appena due anni dall’inizio di queste esperienze in Italia dove è ora attiva la più estesa rete di vendita diretta dei produttori agricoli presente in tutta Europa”.
In tutto gli imprenditori agricoli che hanno fatto vendita diretta, realizzando un fatturato stimato in 320 milioni di euro, sono stati sedicimila. Il successo di questa realtà emergente nel commercio alimentare mostra i suoi effetti positivi anche sull’occupazione, in quanto ha portato al potenziamento della forza lavoro nel 39% dei casi.
Nei mercati vengono, inoltre, messi a disposizione servizi di vendita a domicilio e offerte speciali per i gruppi di acquisto solidale (Gas) formati da condomini, colleghi, parenti, gruppi di amici e chef che nei loro ristoranti vogliono offrire menu freschi e genuini a chilometri zero. Il 60% di questi mercati si trova nel Nord Italia, il 22% al Sud e nelle Isole e il 18% in Centro Italia. I visitatori dei mercati degli agricoltori sono rappresentati per il 62% da donne: il 48% ha una età compresa tra i 35 ed i 54 anni e il 68% ha una scolarità medio alta.
Nel corso dell’assemblea verrà anche inaugurato il “Salone delle erbe dimenticate”, a cui seguiranno dimostrazioni pratiche sull’importanza del recupero delle erbe selvatiche per il contributo che possono offrire in cucina, per la cura del corpo e per la salute in generale. Inoltre si assisterà all’esposizione dei “cibi del passato salvati dall’estinzione”, ovvero tutti quei prodotti che difficilmente sarebbero sopravvissuti alle moderne forme di distribuzione, senza l’intervento di coloro i quali provvedono alla loro tutela.
Si tratta perlopiù di carrubo (un legume atipico poiché contiene in prevalenza carboidrati, ha un sapore dolciastro che ricorda un po’ quello del cioccolato, per cui può soddisfare la voglia di dolce, senza esagerare con le calorie e i grassi), patata blu (utilizzata come base per i piatti della grande ristorazione), e sa pompia o “Citrus mostruosa”, un agrume della Sardegna caratteristico per la sua buccia spessa, ruvida e deforme.

Palma Maria Roberta Frascella

fonte : il quotidiano iteliano

Agricoltura a ''Km zero''

Agricoltura a Km zero significa anche che gli acquisti sono sostenibili soprattutto dal punto di vista ambientale. Evitano infatti il consumo del carburante indispensabile al trasporto dei prodotti che sono importati; in pratica contribuiscono a ridurre la produzione di CO2 tipica dei veicoli che movimentano la merce. Di questo e altro si parla nel sito MegaChip.info. Di seguito la parte introduttiva:“All’estero, in particolare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, i “Farmers Market” sono diffusi già da molti anni. In Italia ci è voluto più tempo ma questa nuova forma di acquisto si sta diffondendo moltissimo, in particolare nell’ultimo anno che ha visto protagonista, nostro malgrado, la pesante crisi economica. È stata per molti una necessità quella di dover risparmiare a tutti i costi, e a farne le spese, con tagli consistenti, è stata proprio la spesa familiare per i generi alimentari. Una soluzione concreta a questo problema è rappresentata da questa nuova forma di acquisto. I Mercati del Contadino rendono possibile l’accorciamento della filiera produttore-consumatore, eliminando gli intermediari e consentendo, in questo modo, un risparmio economico pari al 30%. Ma il vantaggio non è solo questo. Comprare direttamente dal produttore consente di acquistare prodotti freschi, ma soprattutto nazionali se non addirittura regionali. Ed è questo l’aspetto più interessante. Prediligendo i prodotti nazionali di stagione la nostra spesa si trasforma immediatamente in una spesa a “Km zero.

mercoledì 2 febbraio 2011

Agricoltura è risorsa per occupazione dei giovani

“L’agricoltura può rappresentare un’arma fondamentale per aumentare il livello occupazionale italiano e modernizzare il Paese”. Questa la risposta di Confeuro ai preoccupanti dati sulla disoccupazione giovanile, diffusi oggi dall’Istat, secondo i quali il 29% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni non avrebbe un impiego. “La crescita costante della disoccupazione – ha dichiarato in una nota il presidente di Confeuro, Rocco Tiso – mostra i limiti di una politica priva di idee sul futuro e soprattutto incapace di indicare un percorso che conduca a un domani migliore”. In particolare Tiso ha evidenziato la “costante sottovalutazione”, da parte della politica, “del ruolo dell’agricoltura come un volano dell’economia nazionale e mezzo di crescita del livello occupazionale”. “Investire in agricoltura – ha concluso – significa introdurre risorse nei campi propri della modernità: dalla preservazione dei paesaggi naturali alla “green economy”, dallo sviluppo del biologico all’imprenditoria giovanile”.(ANSA).

lunedì 31 gennaio 2011

Aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’inflazione: una spirale senza fine

Nonostante per noi l’aumento dell’inflazione sia uno dei maggiori ostacoli da affrontare in questi tempi di crisi, il suo impatto è ancora maggiore nei Paesi in via di sviluppo. Le popolazioni più povere, infatti, spendono la maggior parte del loro reddito in cibo e petrolio, risentendone maggiormente quando i prezzi di questi prodotti si impennano.

In questi giorni le donne indiane, aggiungendosi a quelle algerine e giordane, sono scese in piazza a protestare contro i rincari, che hanno portato l’inflazione dei prezzi del cibo al 19,8%.

Una delle ragioni che hanno causato il rincaro di carburanti e derrate alimentari è il prezzo del petrolio che sta nuovamente sfiorando i 100$ al barile, e questo aumento influisce ovviamente anche sui prodotti alimentari. Quando infatti il prezzo del petrolio è cosi alto, diventa economicamente interessante trasformare le colture di prodotti alimentari in biocarburanti.

Come riferito da Deborah Doane del World Development Movement, più di 200 miliardi di dollari sono stati investiti nel settore dei generi alimentari da speculatori alla ricerca di maggiori profitti. Queste azioni però, non hanno fatto altro che incrementare l’instabilità dei mercati. A questo proposito, le maggiori industrie del settore cerealicolo stanno accumulando enormi profitti. La sola Cargill ha fatturato 1,49 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre, più di quanto non abbia fatto nell’intero 2010.

Ma non è una novità che shock climatici, politiche economiche inefficienti, speculazioni, biocarburanti e l’incremento del prezzo del petrolio portino a un aumento dell’inflazione. Sebbene l’oro nero non abbia ancora raggiunto i livelli del 2008, la situazione non è per niente rosea. Durante il 2009 più di un miliardo di persone ha sofferto di malnutrizione e la crisi degli ultimi due anni li ha depauperati delle loro risorse.

La maggior preoccupazione del 2011 non è solo che l’aumento dei prezzi del cibo annienti i risparmi dei consumatori, ma anche che le politiche economiche siano influenzate dall’andamento dei mercati, non riuscendo cosi a ridurne gli effetti negativi.

Adattamento a cura di Alessia Pautasso

Fonte:
The Guardian

mercoledì 26 gennaio 2011

La scienza per l'acqua. Risorse e fabbisogno

Una evidente tendenza di aumento dello squilibrio tra la disponibilità delle risorse idriche e il fabbisogno complessivo è presente anche in Italia, seppure in forma più attenuata rispetto all'andamento mondiale. La precipitazione media nel nostro Paese è circa di 1.000 millimetri all'anno, pari quindi a un afflusso medio di 296 miliardi di metri cubi/anno, con zone che presentano una piovosità molto elevata, con valori che possono superare anche i 2.500 millimetri/anno, e zone (prevalentemente alcune aree del Sud d'Italia) in cui la precipitazione non raggiunge i 500 millimetri/anno. A questa difforme distribuzione geografica si aggiunge una diversificata distribuzione delle piogge nell'arco dell'anno, caratterizzata da forte stagionalità, fattore questo sfavorevole per la maggior parte delle utilizzazioni poiché si riflette direttamente sul ciclo idrologico e quindi sui deflussi superficiali.

Appena il 37 per cento, pari a 110 miliardi di metri cubi/anno, del ricordato quantitativo di risorse sarebbe realmente disponibile; ma di tale volume la parte effettivamente utilizzabile dipende in effetti dalla capacità di invaso dell'insieme dei serbatoi esistenti in Italia. Senza alcun serbatoio, come accadeva fino a un secolo fa, erano disponibili solamente 18 miliardi di metri cubi all'anno. Ai nostri giorni, con un insieme di serbatoi che invasano complessivamente circa 8,5 miliardi di metri cubi, è possibile utilizzare realmente circa 40 miliardi di metri cubi all'anno (è stato calcolato che, per portare l'utilizzazione delle risorse dagli attuali 40 miliardi a 55 miliardi, occorrerebbe quasi triplicare la capacità di invaso esistente; per poter utilizzare teoricamente tutti i 110 miliardi di metri cubi/anno, si dovrebbero decuplicare gli invasi fino a oltre 80 miliardi di metri cubi di invaso). Aggiungendo il contributo delle risorse idriche sotterranee, di difficile valutazione, ma stimabili in circa 12 miliardi di metri cubi all'anno, si può affermare che la disponibilità idrica totale dell'Italia, con i serbatoi di cui oggi si può disporre, è di circa 52 miliardi di metri cubi all'anno.

Per quanto riguarda la stima dei fabbisogni, a prescindere dall'oggettiva difficoltà di provvedere, in forma unitaria, a raccogliere dati sistematici o saltuari sulle utilizzazioni delle acque in Italia, oltre agli usi tradizionali (civili, agricoli e industriali), si sono aggiunti ulteriori fabbisogni di tipo ambientale. Si è infatti consolidato il concetto del minimo deflusso vitale, portata che deve essere garantita per permettere la sopravvivenza della biocenosi acquatica e la fruibilità del paesaggio.

I fabbisogni idrici per usi civili sono stati stimati in 8 miliardi di metri cubi all'anno, intesi come volume totale immesso nelle reti, quantità questa superiore a quella erogata alle utenze finali, a ragione delle rilevanti dispersioni e perdite.

Risorse idricheFabbisogni idrici
Precipitazioni
296
Usi civili
8 (7)*
Risorse naturali
155
Usi agricoli
32 (26)*
(teoricamente disponibili)
  Usi industriali
13 (20)*
Risorse potenziali
110
  
(realmente disponibili)  
Risorse utilizzabili
40
  
(con capacità di invaso
di 8,4 mil. di mc)
  
Risorse sotterranee
12
  
    
Disponibilità totale
52
Fabbisogno totale
53
Confronto tra risorse idriche e fabbisogni idrici (in miliardi di metri cubi/anno) in Italia secondo la Conferenza nazionale delle acque (1971) e successivi aggiornamenti del Ministero Agricoltura e foreste (1989)
(*) Le quantità tra parentsi si riferiscono alle proiezioni del 2000/2015 formulate dall'aggiornamento del Cna
Fonte: Rusconi A., 1995: Acqua. Conoscenze su risorsa e utilizzo. Editoriale Verde Ambiente, Roma

I fabbisogni idrici dell'agricoltura assorbono circa quattro volte il volume dei fabbisogni civili, raggiungendo circa 32 miliardi di metri cubi/anno, impiegati per l'irrigazione di circa 4 milioni di ettari di terreni agricoli. Gli attuali indirizzi della politica agricola sono oggetto di discussioni e dibattiti, anche a livello europeo, al fine di un ripensamento sulla distribuzione delle considerevoli risorse idriche fino a oggi destinate a tale utilizzo.

Tenendo conto che i fabbisogni industriali ammontano a circa 13 miliardi di metri cubi/anno, si può affermare che i fabbisogni idrici totali del nostro Paese ammontano a circa 53 miliardi di metri cubi all'anno.

Facendo quindi un bilancio tra risorse e fabbisogni, risulta subito evidente un'apparente coincidenza tra risorse disponibili e fabbisogni idrici, che si può pensare in circa 50 miliardi di metri cubi all'anno. Ma si tratta di un valore medio, che non tiene conto durante l'anno delle diversità stagionali di fabbisogno, né tiene conto delle annate siccitose, né infine considera le diversità di distribuzione delle risorse nello spazio, tra regione e regione, tra Nord e Sud, tra zone pluviometriche a diversa piovosità. La difforme distribuzione nel tempo e nello spazio della risorsa, spesso concentrata quando e dove non si manifesta maggiore bisogno, ha portato a trasportare l'acqua nel tempo (mediante la costruzione di serbatoi) e nello spazio (mediante la realizzazione di lunghe condotte). Nonostante ciò, le crisi idriche ricorrenti sono sempre più acute e sempre maggiore è la necessità di trasferire rilevanti volumi idrici alla stagione estiva e nelle aree di maggiore fabbisogno in quei mesi.
Depuratori industiali

Il dibattito su questo argomento è molto acceso e coinvolge i più diversi aspetti della questione. Dall'impatto ambientale dei serbatoi a una diversa ripartizione dell'acqua, togliendone un po' all'agricoltura per darla agli altri usi prioritari, dalla drastica riduzione delle perdite delle reti, al riciclaggio delle acque reflue depurate. Ma, nella sostanza, se si vogliono nei periodi asciutti le acque cadute nei mesi piovosi precedenti, occorrono opere di accumulo; altrimenti si deve fare a meno di queste acque.

A tale proposito, un cenno particolare merita la lotta contro la desertificazione. Anche l'Italia è interessata dai processi premonitori di tale gravissimo fenomeno determinato dal concorso di fattori climatici e antropici. Sono state individuate nel Sud dell'Italia aree con indice di aridità (rapporto tra la piovosità e l'evapotraspirazione potenziale) inferiore a 0,5 (arido-semi-arido), mentre il resto del Paese ha un indice compreso tra 0,5 e 0,6 (secco-sub-umido).

Infine, il problema della gestione e della tutela delle acque dall'inquinamento ha assunto una particolare importanza in questi ultimi decenni in Italia. Mentre un tempo questo aspetto non faceva parte del settore della difesa del suolo, ai giorni nostri ne costituisce uno degli aspetti più importanti. Infatti, le stime riportate circa le disponibilità idriche si riferiscono a risorse idriche effettivamente utilizzabili sotto il profilo della qualità, ma ovviamente, laddove i limiti di accettabilità sono superati, ogni stima sulla reale disponibilità viene alterata e le fasi di crisi diventano pericolosamente più acute.

Sulla base dei dati del monitoraggio dei corpi idrici, è stato rilevato che oltre il 70 per cento delle acque superficiali è interessato da fenomeni di inquinamento sia da nitrati e ammoniaca sia microbiologico. Allo stesso modo, in molte acque di falda usate per l'approvvigionamento idropotabile, sono rilevati valori prossimi alle concentrazioni massime ammissibili di inquinanti di origine civile, agricola e industriale.

Attualmente, anche l'Italia sta tentando di organizzare una moderna riforma del sistema di regole miranti a tutelare le acque dall'inquinamento, anche in linea con il recepimento di apposite direttive della Comunità europea.

La nuova norma in materia, il decreto n. 152/99, oltre a recepire le direttive, ha avviato l'ammodernamento e l'armonizzazione dell'intera normativa di settore. Alcune importanti innovazioni riguardano:

- il risanamento dei corpi idrici basato sull'individuazione di specifici obiettivi di qualità ambientale;
- la tutela integrata degli aspetti quantitativi e qualitativi nell'ambito di ciascun bacino idrografico;
- l'impostazione di un adeguato sistema di monitoraggio e di classificazione dei corpi idrici come base dell'attività di pianificazione e risanamento.

Viene così previsto il piano di tutela delle acque, che, dovendo comunque assicurare l'equilibrio del bilancio idrico, costituisce a tutti gli effetti un piano stralcio di bacino.

Antonio Rusconi
Segretario generale
dell'Autorità di bacino dei fiumi
Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave,
Brenta-Bacchiglione

Filiera certa. I Gruppi di Acquisto Solidale

“Quando compri, voti”. Non c’è slogan più azzeccato di questa memorabile frase del missionario comboniano Alex Zanotelli per capire cosa passa per la testa di un consumatore che abbraccia la religione del GAS. “I consumatori esprimono un voto per ogni prodotto che scelgono e segnalano alle imprese i comportamenti che approvano e quelli che condannano”, spiega il fondatore di Lilliput, faro del movimento no global. “L’acquisto può trasformarsi in un sostegno alle forme produttive corrette o in un ostacolo alle altre”.

Sostenere e ostacolare: ecco cosa spinge una bella fetta dei 702 Gruppi di Acquisto Solidale censiti nella Rete G.A.S e degli oltre 120 mila consumatori italiani registrati, per un totale di 30 mila famiglie, a complicarsi un po’ la vita, unendosi in piccoli gruppi per acquistare direttamente dal produttore grossi quantitativi di merce, riunendosi periodicamente per discutere di prezzi equi, giurando fedeltà ad una manciata di fornitori locali selezionati (e controllati), mettendo a disposizione un po’ del proprio tempo per le inevitabili corvée e, a cadenza generalmente settimanale, a darsi appuntamento all’angolo di una strada, in un garage o nei locali di un’associazione per distribuire la mercanzia e dividere la spesa.
Condomini festosi, no-global alle prese con le compere, radical-chic, proletari illuminati e buongustai di ogni tasca, tutti pronti per lo scarico delle cassette di ortofrutta, della forma di formaggio e della mozzarella buona. Con qualche variazione sul tema, per tutti comprare è votare. A favore dell’ambiente, del risparmio, del sapore, del chilometro zero, del biologico, dei produttori dei paesi in via di sviluppo. Contro la filiera lunga, la liberalizzazione degli scambi commerciali, i pesticidi, lo sfruttamento dei lavoratori, gli OGM e così via boicottando. La Bibbia per (quasi) tutti è quella “Guida al consumo critico” di Francuccio Gesualdi che nel 1996, svelando i segreti e le diavolerie del marketing messe in atto dalla Grande Distribuzione per influenzare la scelta dei consumatori, apriva la strada alla stagione del consumo responsabile, consapevole e orientato. Un consumo nemico del consumismo dove comprare è combattere ogni giorno una guerra: contro le multinazionali, contro il debito del Terzo Mondo, contro il lavoro minorile, contro lo sviluppo “insostenibile”. Di questo consumo critico i Gas sono certamente il braccio armato, non l’unico ma certo tra i più efficaci.
Eppure oggi, a 16 anni dalla nascita del primo Gas in Italia, e a 13 dalla creazione di Rete G.A.S. per favorire lo scambio di informazioni su prodotti e produttori, questa Carboneria dello shopping (ortofrutta in primis, ma anche energia, tessile, prodotti per la casa e l’igiene personale) potrebbe diventare il trampolino di lancio verso nuovi orizzonti della distribuzione commerciale. “Una scelta pauperistica”, li aveva frettolosamente bollati l’ex presidente di Confcommercio Sergio Billè per liquidare il fenomeno. Che invece, almeno a giudicare dall’interesse delle associazioni di categoria, ha i numeri per arrivare lontano. Produttori a caccia di Gas e consumatori in cerca di fornitori di qualità: domanda e offerta, delusi dalla Grande Distribuzione, si cercano e si trovano, infatti, sempre più spesso. Nel salotto di un farmer’s market (i mercati dove il produttore può incontrare direttamente il compratore) o per il tramite di Coldiretti o AIAB. “Al numero verde di Bio sotto casa, (800 221 220 09)”, il programma promosso dall’Unione europea e dall’Italia per rafforzare il rapporto diretto tra produttore biologico e consumatore, “arrivano tantissime telefonate di persone che cercano produttori biologici”, assicura Fabio Ferraldeschi, dell’Ufficio Marchio dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica. “Attraverso la nostra rete regionale noi li incontriamo, li mettiamo in contatto con altre persone disposte a formare un Gas e con produttori biologici che abbiamo preventivamente vagliato e ispezionato”. Servizio completo, quindi, che comprende anche l’individuazione di un responsabile del gruppo di acquisto. E’ l’ultimo ritrovato in fatto di shopping solidale: Gas in cerca d’autore dove una volta tanto l’intermediario (l’associazione di categoria), invece che allungare la filiera, dà una mano a combattere quella lunghissima della Grande Distribuzione Organizzata.