Coldiretti Viterbo, a seguito di una analisi sugli effetti delle materie prime agricole sul raddoppio dell’inflazione rilevata dall’Istat, informa in una nota del calo dei prezzi del grano, calati del 40% rispetto al valore record del marzo 2008.
L’agricoltura ha contribuito al contenimento dell’inflazione.
Emerge inoltre dall’analisi anche un aumento dei prezzi alimentari negli ultimi mesi dell’anno.
Alcuni dati: il grano al Chicago Board of Trade, è stato quotato a inizio 2011 circa 8 dollari per bushel (22 centesimi al chilo) il 40% meno del massimo storico, circa 13 dollari per bushel nella primavera 2008.
Una riduzione sostanziale che si è verificata anche per il mais, oggi a circa 6,2 dollari per bushel, a differenza del 2008, quando aveva raggiunto valori superiori ai 7,2 dollari per bushel. L’aumento dei prezzi delle materie prime che si è verificato nel corso del 2010, pari al 25 per cento per il grano e del 30 per cento per il mais, non ha consentito di recuperare il calo subito nell’anno precedente.
Spiega Gabriel Battistelli, direttore della Coldiretti di Viterbo, nel comunicato: “Il vero problema è quello di contenere la volatilità delle quotazioni dei prodotti agricoli che sono sempre più fortemente condizionate dai movimenti di capitale che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle materie prime come grano, mais e soia. Speculazioni sul cibo che stanno “giocando” senza regole sui prezzi delle materie prime agricole dove hanno provocato una grande volatilità impedendo la programmazione e mettendo a rischio le coltivazioni e l’allevamento in molti Paesi. Garantire la stabilità dei prezzi in un mercato a domanda rigida come quello alimentare è un obiettivo di interesse pubblico - afferma - va sostenuto con l’introduzione di interventi di mercato innovativi come le assicurazioni sul reddito nell’ambito della riforma di mercato della politica agricola comune. L’andamento attuale dei prezzi del grano non giustifica dunque alcun rincaro in Italia sul pane o sulla pasta sia perché le quotazioni sono contenute ma soprattutto perché il pane viene già pagato oltre 10 volte il prezzo del grano e il cui costo dipende per il 90% da fattori diversi dalla materia prima. Per fare un chilo di pane occorre circa 1 kg di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere il prodotto finito.”
Conclude Battistelli: “Con il prezzo medio del pane comune che, secondo Sms consumatori, è di 2,75 Euro al chilo c’è dunque un aumento di ben oltre il 1000 % nel passaggio dal grano al pane che giunge sulle nostre tavole e quindi non ci sono margini per ulteriori speculazioni. Per contrastarle queste logiche è nata la piu’ grande società europea di trading dei cereali di proprietà degli agricoltori, varata a luglio, che ha il compito di gestire oltre 20 milioni di quintali di prodotto tra grano duro destinato alla produzione di pasta, grano tenero per il pane, girasole e soia, esclusivamente di origine italiana e garantiti non ogm. La società denominata “Filiera Agricola Italiana” è partecipata da 18 Consorzi Agrari, 4 cooperative, 2 organizzazioni dei produttori e Consorzi Agrari d’Italia.”
fonte : Tusciamedia
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